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Quando iniziarono le riprese de “I cento passi”, a Cinisi, io avevo 12 anni. Ricordo i primi incontri con il regista e i produttori, venuti a conoscerci, a sentire direttamente dalle voci dei protagonisti quella storia che avrebbero raccontato. Ricordo che per me erano uomini altissimi e che è nato da subito un rapporto di stima reciproca. Per me, a quell’età, è stata una magnifica esperienza: gli attori, i costumi, le cineprese, era tutto nuovo ed eccitante. Ricordo che non tutti gli operatori conoscevano bene la storia di Peppino, qualcuno non la conosceva affatto, ma, da subito, si è instaurato, tra i componenti della troupe e noi un clima familiare e, man mano che procedevano le riprese, era evidente l’enorme cura e il rispetto, quasi sacrale, nei confronti di Peppino e della nostra storia. Ricordo con affetto soprattutto il rapporto tra i protagonisti e mia nonna e i loro primi incontri: quello con Lucia Sardo (che l’ha interpretata, regalando a chi non l’ha conosciuta, le sue paure, la sua battaglia interiore ma soprattutto la sua forza e il suo immenso   amore materno) è stato amore a prima vista, un rapporto solidale, una storia di donne con una straordinaria forza interiore. Lucia ha fatto sua la storia di Felicia, tanto da continuare a raccontarla negli anni successivi con un suo personale spettacolo, “la madre dei ragazzi”. Ricordo con simpatia l’incontro con Tony Sperandeo, che interpretava Badalamenti, un momento quasi tragicomico, perché quando ha voluto incontrarla, lei, inizialmente, si rifiutò dicendo “ a tanino un lu vogghiu viriri”, ma si è concluso, poi,  con un caloroso abbraccio. Quello con Luigi Lo Cascio è stato il più toccante: quando lui si è presentato, portava degli occhiali neri come quelli che era solito indossare Peppino, con il suo fisico esile e quello sguardo vivo e intelligente, le ha subito ricordato il figlio e si è sentita , da quel momento, senza dire una parola, la sua approvazione.

Ma è stata anche una grande presa di coscienza, per me, che avevo già maturato l’orgoglio per questa storia e questa consanguineità proprio grazie alle parole e alla testimonianza di mia nonna, la sua più grande custode.

Che scegliessero di farci un film, su mio zio, significava allora che davvero la sua storia meritava di essere ricordata, allora davvero aveva fatto qualcosa di grande. Per me che non ho conosciuto Peppino, viverlo sullo schermo, grazie alla magistrale interpretazione di Luigi Lo Cascio, è stata una grandissima emozione, una restituzione degli anni in cui provavo ad immaginarlo nella mia testa, a immaginare come sarebbe stata la mia vita con accanto una persona così straordinaria come me lo raccontavano. Ma sono certa che sia stata una grande emozione collettiva, soprattutto per chi quegli anni li ha realmente vissuti, per chi quel cammino l’ha realmente fatto insieme a Peppino. Certo non sono mancate le polemiche e le critiche, legate soprattutto a inesattezze poco inerenti alla realtà, alla necessaria riduzione dell’esperienza politica e di lotta di Peppino e i suoi compagni entro quelle che si possono definire “ esigenze cinematografiche” e soprattutto quelle dovute all’ aver ingabbiato la figura di Peppino ad una dimensione iconografica, che forse poco lo rappresenta e che noi ci siamo sempre impegnati a chiarire, spiegandolo ogni giorno a casa memoria, invitando chiunque si sia avvicinato alla sua storia ad andare oltre il film. A partire dal titolo, quei cento passi simbolici che segnano la breve distanza tra la casa di Gaetano Badalamenti e la casa di Peppino, quei pochi passi che dividevano chi viveva di prepotenza e malaffare e chi a questo stato di cose si è voluto ribellare, una metafora significativa ma riduttiva per la storia di ribellione di Peppino, perché la distanza entro cui operò la sua rottura storica e la sua voglia di affrancarsi dalla cultura mafiosa a cui apparteneva anche lui , è avvenuta a una distanza ancora più ridotta, perché è avvenuta dentro la sua stessa casa, dentro la sua stessa famiglia e , se vogliamo, dentro se stesso. Ma, nonostante questo, è innegabile il valore storico, oltre che affettivo, che ha avuto per noi e per la nostra causa e per chiunque sia impegnato o creda che possa esistere una società libera dalle dinamiche della mafia. Con “i cento passi” la storia di Peppino è arrivata sicuramente dove le nostre forze non sarebbero potute arrivare da sole, ha girato in lungo e in largo, ha varcato i confini italiani (scelto, tra l’altro, come miglior film italiano, quell’anno, per rappresentare l’Italia agli Oscar come film straniero). “I cento passi” è, forse, uno dei film più visti in questi anni nelle scuole, ha contributo ad avvicinare alla storia di Peppino, e con essa a maturare una coscienza civica e culturale, milioni di giovani che, come me, non lo hanno conosciuto. Ha cambiato vite, ha dato coraggio, ha aperto coscienze e lo fa ancora oggi. Ed è proprio per il suo valore costruttivo, oltre che per la bellezza stessa del film, con un cast eccezionale (da “ i cento passi” sono iniziate delle fortunate carriere per molti degli attori ancora a quel tempo quasi sconosciuti ) e una regia magistrale, che è entrato nella storia del cinema italiano. In questi giorni ricorre il ventesimo anniversario della sua uscita nelle sale. Ad essere più precisi, oggi ricorre l’anniversario della prima assoluta proiettata durante il festival del cinema che annualmente si svolge a Venezia. In quell’occasione accompagnai io mio padre. Ricordo che eravamo emozionatissimi, un po’ spaesati, in quel contesto affascinante, senza dubbio, ma a noi estraneo. Ma chiunque contribuì a farci sentire a nostro agio. La sera della proiezione non la dimenticherò mai: una sala gremita che insieme a me assisteva per la prima volta alla ricostruzione di quella storia che avevo sentito tantissime volte e alla quale mia nonna e mio padre avevano dedicato la loro vita. Vedere li, a Venezia, il mio paese, i miei compaesani, il giovane Lorenzo, con cui eravamo compagni a scuola materna, interpretare mio zio Peppino bambino, mio nonno, mia nonna, mio padre, mia madre, la nostra storia, su quello schermo, per la prima volta, è stata un’esperienza fortissima. Le scene finali del film sono state un pugno allo stomaco, ma la cosa che più di tutto mi ha scossa, alla fine, è stata la riproduzione di quella foto che ancora oggi, a casa memoria, guardo con emozione e che ritrae mio padre, insieme a mia nonna e mia madre, che alza il pugno dietro il feretro, quasi a sancire quel nuovo rapporto con il fratello, l’inizio di un’altra storia, quella storia di riscatto, verità e giustizia che dura da quarantadue anni. E ricordo anche un’altra scena, altrettanto forte, la cui carica emotiva e storica eravamo in pochi a riconoscerla in quella sala, quella che ha ripreso i veri compagni di Peppino, sfilare tra le altre comparse, durante i funerali. Quando il film si è concluso c’è stato un iniziale incredibile silenzio seguito poi da 12 minuti di applausi. 12 lunghi minuti surreali pieni di commozione, rabbia e affetto. Non lo dimenticherò mai. Così come non dimenticherò mai la prima volta che mia nonna si convinse a vedere il film. All’inizio si era rifiutata di farlo, ma decise di farlo a Cinisi, al cinema, tempo dopo la prima, insieme ai ragazzi della scuola media. Negli ultimi anni della sua vita, dopo aver voluto che le acquistassimo un lettore dvd, ogni domenica, prima che uscissi, mi chiedeva di mettere il “ciramu di me figghiu”, fino all’ultima domenica, prima che ci lasciasse, in cui, non so se casualmente e non lo saprò mai, mi chiese di metterlo “per l’ultima volta “. Oggi vogliamo ricordare quel momento, perché nonostante tutte le contraddizioni, per noi è stato determinante, ha segnato un percorso e sono certa abbia segnato anche le vite di chi ne ha fatto parte. Ma la più grande soddisfazione, da venti anni a questa parte, è la consapevolezza che, grazie soprattutto all’impegno precedente e anche a quello successivo l’uscita del film, Peppino oggi è un punto di riferimento per più generazioni che attraverso il mezzo cinematografico hanno rivissuto quegli anni, per chi c’era, conosciuto e preso consapevolezza di una parte importante, passata ma non troppo, della nostra Storia, per chi è nato dopo, provando però tutti lo stesso sentimento.  E soprattutto, la grande consapevolezza, che dall’uscita di quel film ad ora, di passi ne sono stati fatti tanti altri (sebbene molti se ne dovranno fare ancora).

Luisa Impastato

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