Alcuni giorni fa è morta suicida Adelina Sejdini. Vittima della tratta, denunciò i suoi sfruttatori, ma le è stata negata la cittadinanza italiana. Le sue denunce, dopo che era stata violentata, picchiata e costretta a prostituirsi in Italia, portarono all’arresto di 40 persone, i suoi sfruttatori; grazie a lei fu dato un duro colpo alla mafia albanese che controllava lo sfruttamento della prostituzione in tutta Italia. Quando avvennero questi fatti Adelina era appena ventenne; da 23 anni chiedeva la cittadinanza italiana appellandosi all’articolo 18 della Costituzione che garantisce protezione internazionale alle vittime della tratta di esseri umani, a cui “si applica il programma unico di emersione, assistenza e integrazione sociale”. Dopo una lunga battaglia da “apolide”, rinnovando il permesso di soggiorno a Pavia (dove viveva), si era vista offrire la cittadinanza albanese (un paese nel quale temeva di ritornare perché avrebbe rischiato di essere uccisa per le sue denunce), ma non quella italiana. Adelina era andata a Roma al Viminale e per protesta si era data fuoco; successivamente ha deciso di togliersi la vita gettandosi a Roma da un cavalcavia.
Il suicidio di Adelina è frutto di una violenza e indifferenza istituzionale. Adelina, che ha denunciato gli sfruttatori e aiutato le schiave del sesso, che si era ammalata di cancro e rischiava di perdere un sostegno statale per curarsi, che viveva in uno stato di indigenza ospite in una parrocchia, non chiedeva nulla, voleva solo la cittadinanza italiana che invece le è stata negata. Ci uniamo al collettivo Non Una di Meno che ha dichiarato che “Il riconoscimento della cittadinanza doveva essere un diritto e non un favore di qualche funzionario”.
Chiediamo giustizia per Adelina che ha lottato contro lo schiavismo delle donne ed ha sfidato la mafia albanese e che malgrado questo non ha ricevuto il sostegno che le spettava. Chiediamo giustizia per le vittime del patriarcato e del maschilismo. Chiediamo giustizia per tutte quelle donne che hanno denunciato e lottato e sono state abbandonate dallo Stato.
Casa Memoria Impastato
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foto internet (da video)