Oggi l’emozionante visita di Cristina Franceschi, sorella di Roberto Franceschi, studente di 21 anni ucciso a Milano il 23 gennaio 1973 durante uno scontro tra polizia e studenti dell’Università Commerciale Luigi Bocconi; Franceschi rimase vittima di un proiettile sparato da un’arma in dotazione alle forze di polizia, e morì dopo una settimana di coma.
Roberto era figlio di Mario Franceschi, partigiano, e di Lydia Buticchi, nota ex staffetta partigiana. Già al Liceo Scientifico si era legato al Movimento Studentesco di cui era diventato uno dei leader durante il periodo alla Bocconi. Un ragazzo la cui peculiarità era la volontà di coniugare l’impegno con lo studio, ritenendo la cultura inscindibile dalla lotta politica.
Come raccontato dalla sorella, per Roberto erano stati determinati gli anni dell’adolescenza trascorsi in Sicilia, tra Gela e Catania, dove aveva potuto conoscere da vicino un ambiente segnato da condizioni sociali completamente diverse da quelle della Milano medio borghese, povertà ed ingiustizie che suscitarono in lui una forte presa di coscienza che l’accompagnò per tutto il suo purtroppo breve percorso di vita.
L’iter processuale per dare giustizia a Roberto è stato lungo e complesso, furono stabilite responsabilità generiche delle forze dell’ordine, ma non si arrivò alla condanna del responsabile.
La famiglia Franceschi agì anche in sede civile contro il Ministero dell’Interno. I processi civili stabilirono la responsabilità del Ministero e un risarcimento con cui è stata finanziata la fondazione intitolata al giovane Franceschi, creata nel 1996.
Un ruolo importante ha avuto la madre Lydia, scomparsa lo scorso anno all’età di 98 anni, é stata staffetta partigiana, insegnante e preside; dopo l’enorme dolore causato dell’omicidio del figlio, dedicò il resto della sua vita alla ricerca della giustizia e all’impegno civile, con testimonianze nelle scuole per continuare a trasmettere gli ideali e ai valori civili e morali di Roberto e l’importanza della Carta Costituzionale.
Ringraziamo Cristina Franceschi per essere tornata dopo tanti anni in Sicilia, averci raccontato la storia del fratello ed anche l’impegno della madre per ricordarlo. Un incontro toccante all’interno di una casa che racconta una vicenda che unisce un altro figlio ed un’altra coraggiosa madre; erano presenti Luisa Impastato, alcuni compagni di Peppino e attivisti di Casa Memoria, in un momento storico in cui ritorna attuale una riflessione riguardante la libertà di espressione ed i timori legati ai nuovi rischi di repressione.
Cristina Franceschi ci ha anche coinvolto nel progetto artistico che la loro fondazione sta sviluppando: “Ombra di Tutti” con l’artista Patrizio Raso anche lui presente oggi, a cui Luisa Impastato ha dato un reperto di Peppino che sarà intrecciato a quelli di tante storie importanti.