Sul circolo “Musica e Cultura”, 1975-76
La nascita del Circolo “Musica e Cultura” si colloca all’interno di un contesto politico (il dopo 15 giugno) in cui si dava quasi per scontato un governo di sinistra a brevissima scadenza e il rilancio, su basi rivoluzionarie, dell’iniziativa politica di massa, affievolitasi dopo la primavera del ’73 (occupazione di Mirafiori), a partire anche dalle prime scelte di istituzione capitalistica e dalla conseguente riduzione della capacità di incidenza della nuova classe operaia. Questo spiega gli iniziali rapporti di collocazione tra PCI e sinistra rivoluzionaria, da una parte, e la particolare estensione della iniziativa, fin dagli inizi, coincidente, di fatto, con un fenomeno di orientamento generico a sinistra presente all’interno di larghi settori di opinione giovanile, dall’altra. Non a caso, infatti, il momento da cui ha preso materialmente le mosse “Musica e Cultura”, il concerto del 28 dicembre 1975, è stato caratterizzato da precise prese di posizioni, almeno nel documento di presentazione, rispetto al tentativo di boicottaggio messo in atto da un prete e rispetto a tutto un modo di gestire la politica da parte della DC e della mafia. Nel gennaio del ’76, dopo alcuni incontri in cui veniva espressa apertamente l’esistenza di altri momenti di aggregazione a partire dal fatto musicale, si apriva lo spazio di via Faro Pizzoli. E quella che possiamo definire la prima fase, la fase musicale del circolo: la musica, di fatto, era centrale in questo periodo di attività e la si intendeva come un mezzo di per sé alternativo e quindi di rottura. Il fatto stesso che certe espressioni musicali hanno strutture differenziate rispetto alla musica tradizionale, veniva inteso come momento politico aggregante e quindi sufficiente a motivare comportamenti “eversivi”. Questo atteggiamento ha contribuito non poco a caratterizzare il tipo di aggregazione di Musica e Cultura, costruita più su basi emozionali che politico-culturali, anche se proprio in quel periodo è emersa per la prima volta la esigenza di una produzione autonoma, nella fattispecie musicale. La proposta dell’apertura di un cineforum all’interno dell’attività del circolo, anche se partita da esigenze politiche precise (nel senso della caratterizzazione antifascista), si risolveva di fatto in un ulteriore contributo, per l’incapacità di dibattito e di proposte politiche, all’aggregazione su basi emozionali: la proiezione era più un momento dello “stare insieme e conoscersi” che un’occasione di incontro e chiarificazione politica. Prevalente, comunque, era l’interesse musicale: buona parte degli sforzi venivano concentrati nell’organizzazione del secondo concerto, che si teneva nei locali del circolo alla fine di marzo. Che il punto di vista sul ruolo della musica si sia radicalizzato ed esteso in quella occasione lo dimostra ampiamente il manifesto stesso di convocazione: due pugni chiusi che spezzano una catena, su uno sfondo rosso con scritti sopra i nomi dei gruppi musicali che aderivano. Frattanto, a livello nazionale, cominciavano a nascere i primi circoli del proletariato giovanile e ad emergere le prime posizioni sul nuovo modo di vivere e far politica: la crisi della militanza, l’esplodere della contraddizione femminista e la battaglia per l’aborto contribuivano largamente a diffondere la tendenza, da parte dei due movimenti di massa (femminista e giovanile), all’affermazione dell’autonomia delle loro lotte a partire dai propri bisogni. E la posizione di un binomio (personale-politico) che di fatto e molto contraddittoriamente caratterizzerà la storia del movimento extraistituzionale fino ad oggi. Tutta questa problematica all’interno di “Musica e Cultura” veniva vissuta molto di riflesso e sporadicamente: i tre dibattiti, tra fine marzo e i primi di aprile, sulla condizione della donna e sull’aborto non riuscivano infatti a coinvolgere la struttura nel senso di iniziative di mobilitazione, anche se hanno lasciato delle tracce su cui più avanti, all’inizio dell’estate, si innesterà un processo di aggregazione a livello femminile. Un secondo ciclo di proiezioni, estremamente disarticolato sul piano dei contenuti e staccato da qualsiasi esigenza di intervento politico-culturale organico e alcune esperienze teatrali, proposte indipendentemente da qualsiasi considerazione sul fatto teatrale e sul rapporto tra teatro e iniziativa politico-culturale, chiudevano questa fase di attività di Musica e Cultura, alla vigilia delle elezioni politiche del giugno del ’76. Scelta antirevisionista In campagna elettorale esplodeva la contraddizione col PCI. Fin dagli inizi, infatti, il PCI si era posto nei confronti del circolo in termini di egemonizzazione burocratica. Già in gennaio un primo tentativo di trasformare la struttura nel circolo ARCI; poi in marzo il, il tentativo di far partire il tesseramento UDI; infine, in maggio, in campagna elettorale, la proposta di aprire la struttura a tutti i partiti del cosiddetto “arco costituzionale” per adeguarla alle esigenze del compromesso storico. Messo in netta minoranza su quest’ultima sua proposta, il PCI usciva di scena quasi definitivamente.