Anche quest’anno è stato un anno di rinunce. Ognuno di non ha dovuto rinunciare a qualcosa. In tanti hanno perso una persona cara, altri la vita, tutti gran parte della nostra libertà individuale, molti hanno perso il lavoro, altri la speranza.
Abbiamo perso la possibilità di vivere pienamente la nostra vita, di fare esperienze, di vivere la socialità.
Anche per noi è stato un altro anno di rinunce. Questa casa, tenuta aperta per volontà di mia nonna Felicia, prima custode della memoria di Peppino, per la prima volta l’anno scorso è stata chiusa, a causa delle restrizioni, e lo è ancora adesso.
Neanche quest’anno abbiamo potuto accogliere tutta la gente, soprattutto gli studenti, che vengono a incontrarci permettendoci di onorare quel testamento morale lasciatoci da lei.
Nonostante questo, anche quest’anno, in cui ricorre il 43 esimo anniversario dell’assassinio mafioso di Peppino, abbiamo deciso comunque di esserci, anche se non fisicamente, almeno virtualmente.
Abbiamo lanciato un appello in cui chiedevamo, a quanti condividono e si riconoscono nelle idee di Peppino e volessero ricordarlo, di aiutarci a realizzare un’intera giornata nazionale di corteo diffuso, dedicato alla memoria e all’impegno. L’anno scorso abbiamo avuto l’unica possibilità di realizzare un evento online, ma quest’anno abbiamo voluto provare ad organizzare delle piccole attività in presenza, nel rispetto delle norme di sicurezza: dai presidi fisici nei luoghi di Peppino, qui a Cinisi, ad altri luoghi significativi per la memoria, la cultura e l’attivismo.
Con grande emozione abbiamo accolto centinaia di adesioni, da ogni parte d’Italia, e non solo, da cui oggi sono partite altrettante iniziative diffuse su tutto il territorio nazionale, con l’obiettivo di ricordare Peppino e far sentire quanto ancora forte sia il valore del suo messaggio. Un ampio e diffuso momento di condivisione che ci ha fatto sentire realmente più uniti.
Ad ognuno di voi va il nostro più sincero e sentito grazie.
Questo ci permette di comprendere quanto ancora oggi, nonostante siano passati 43 anni, tanti di più di quelli che Peppino stesso ha vissuto perché barbaramente ucciso a soli 30 anni, la sua storia di impegno politico e sociale e contro l’oppressione mafiosa sia non solo ampiamente condivisa, ma soprattutto ancora attuale.
Oggi chi guarda a Peppino come esempio e come punto di riferimento lo fa riconoscendosi nel suo percorso di militanza, in quelle battaglie per l’ambiente, per la giustizia sociale, per la difesa dei diritti umani.
Peppino Impastato oggi rappresenta un ideale verso cui tendere per chi crede in una società libera dalle ingiustizie e dall’oppressione mafiosa.
L’attualità delle sue battaglie però è purtroppo legata a delle condizioni pressoché invariate, nonostante siano passati tanti anni e per quanto siano stati fatti numerosi passi avanti.
A partire dalla lotta alle mafie che sembra stia subendo alcune battute d’arresto, nel quasi totale silenzio mediatico, compromettendo capisaldi del contrasto alla mafia e alla sua riorganizzazione, come l’ergastolo ostativo. Si sta correndo il rischio di non considerare più la criminalità organizzata un’urgenza da contrastare prioritariamente, nonostante non sembrerebbe essersi conclusa la stagione dei depistaggi e malgrado la contingenza economica conseguente alla pandemia, con l’indebolimento delle fasce più deboli, permetterà alla criminalità organizzata di infiltrarsi, soprattutto in mancanza di misure adeguate da parte delle istituzioni, perché la lotta alla mafia si fa
anche e soprattutto costruendo condizioni sociali favorevoli a partire dalla tutela dei diritti.
Come il diritto al lavoro, oggi ancora più drammaticamente compromesso dalla situazione sanitaria.
Per questo siamo vicini a tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori che hanno perso il proprio lavoro e che lottano contro una condizione a cui non si è saputo rispondere adeguatamente. Lavoratrici e lavoratori che ancora oggi, nel 2021, non vedono salvaguardati i propri diritti, a partire dalla loro sicurezza. I morti sul lavoro sono ancora incredibilmente numerosi, una vera strage che si consuma ogni anno sotto i nostri occhi, da parte di un sistema produttivo e capitalistico, che la pandemia ha contribuito a peggiorare.
Ed è al mondo del lavoro che quest’anno abbiamo deciso di dedicare il Premio Musica e Cultura, assegnandolo simbolicamente alle lavoratrici e ai lavoratori del mondo dello spettacolo e della cultura, settore tragicamente penalizzato eppure fondamentale, anche nel percorso di impegno politico di Peppino, per cui la cultura e la musica erano strumenti di emancipazione “dallo sfruttamento materiale e da un modo repressivo e reazionario di concepire i rapporti umani e sociali” per citare proprio un documento del circolo.
Oggi chi si riconosce in Peppino condivide la sua lotta per la salvaguardia dei diritti, per la volontà di contrastare le disuguaglianze e le discriminazioni, per la libertà d’espressione, in favore della solidarietà, in difesa delle donne, ancora oggi nel 2021, costrette a difendere la loro credibilità da una cultura troppo pregna di maschilismo.
oggi ognuno di noi è chiamato ad assumersi la responsabilità di mettere in atto prospettive di rinascita, soprattutto dopo questo periodo storico che stiamo vivendo.
Una responsabilità che deve essere insieme individuale e collettiva.
Questo secondo me è quello che ci lascia Peppino, che ha fatto dell’esperienza aggregativa uno strumento di lotta. Soprattutto adesso, in cui la socialità è compromessa, per quanto fosse già da tempo iniziata l’era dell’individualismo, si dovrebbe cominciare a pensare a un ritorno alla politica dal basso che parta dall’azione spontanea e condivisa di tutti, un ritorno all’umanità che non si può costruire se non in rapporto con gli altri.
La nostra esperienza ci ha insegnato, grazie al lavoro iniziato da mia nonna, quanto oggi sia fondamentale la custodia e la trasmissione della memoria, come quella di Peppino, che a distanza di 43 anni è ancora viva e sentita. Un passaggio di testimone che non deve essere solo possibile, ma necessario per salvaguardare e difendere quanto ottenuto in questi anni, anche dalle minacce di chi vuole cancellare o alterare la memoria storica del nostro paese.
Una staffetta generazionale che non si limiti al ricordo ma che diventi continuità, producendo pratiche di mutamento.
Il nove maggio quest’anno, coincide con la festa della mamma.
Vogliamo dedicare questa giornata a tutte le madri che resistono, alle madri che in questo periodo hanno dovuto rinunciare al lavoro per seguire i figli nello studio, alle madri che li crescono con sacrificio, alle madri che lavorano. A Luana, morta a 22 anni mentre lavorava. E non possiamo non pensare a Felicia, mamma di Peppino, che ha fatto della resistenza un modello di vita, e della richiesta della giustizia una missione. E ad Augusta, ad Angela, a Graziella, e a tutte le madri che dalla morte dei propri congiunti hanno trovato la forza di trasformare il proprio lutto in volontà di riscatto, chiedendo a gran voce una giustizia che purtroppo stenta ad arrivare.
Rinnoviamo la nostra gratitudine nei confronti di quanti hanno risposto al nostro appello, organizzando in tutta Italia presidi, commemorazioni, intitolazioni di luoghi dedicati a Peppino, letture, momenti di condivisione e riflessione anche virtuali, alle scuole che hanno sposato numerose il nostro percorso didattico-educativo, ai sindaci che hanno risposto all’appello del Primo cittadino di Cinisi, a tutti voi, compagne e compagni che ci accompagnate e sostenete da anni, condividendo le idee e le lotte di Peppino, in attesa di poterci riabbracciare il prossimo 9 maggio.