non una di meno ok

non una di meno ok

 

Migliaia e migliaia di manifestanti sono scese in piazza il 23 Novembre a Roma dicendo “Non una di meno”.

Un corteo principalmente di donne che rivendicano le loro libertà, una marea “femminista e transfemminista contro la violenza che segna le nostra vite e diventa sistema”, così era scritto nell’appello.

Le mobilitazioni sono molto importanti e sempre più urgenti. Purtroppo non si arresta il fenomeno del così detto “femminicidio”. Ogni 72 ore una donna in Italia viene uccisa da una persona di sua conoscenza, solitamente il partner o l’ex. Ad essere colpite principalmente le donne che rifiutano il modello patriarcale, che si ribellano a molestie, stalking, violenza domestica, sessuale etc. Donne attaccate anche nei tribunali o dai media, accusate di “essersela cercata”.

A pochi giorni dal 25 novembre, Giornata Internazionale contro la violenza sulle donne, nel nostro territorio, a Partinico, l’ennesimo assassinio. Ana, una ragazza di trent’anni è stata uccisa dall’uomo che amava, perché gli aveva rivelato di essere incinta. Hanno cercato di criticare le sue scelte di vita, come se queste potessero giustificare un omicidio così brutale perpetrato da un uomo (coniugato con un’altra donna) che ha considerato la ragazza ed il proprio figlio che portava in grembo, come un problema da cancellare, con la morte.

Continuano a manifestarsi forme di violenza patriarcale, non solo all’interno delle mura domestiche: violenza politica e di Stato contro donne che lottano. In Sud America, Medio Oriente, Asia, Africa, ed anche in Europa molte donne sono in prima fila nelle rivolte contro la violenza patriarcale, razzista, istituzionale, ambientale ed economica, affermando che “non sono possibili processi di democratizzazione e liberazione senza una trasformazione radicale dell’esistente”.

Abbiamo assistito alla brutalità dei militari cileni durante le proteste contro la disuguaglianza nella distribuzione dei redditi. La repressione ha colpito centinaia di persone, principalmente le donne. La polizia, secondo varie fonti, si sarebbe macchiata di crimini come la violenza sessuale alle detenute. Una giovane artista di strada Daniela Carrasco, detta Mimo, secondo quanto ha affermato il coordinatore di Ni Una menos “è stata violentata, torturata e impiccata perché simbolo delle proteste”. Anche la fotografa freelance Albertina Martinez Burgos, divenuta celebre per i suoi scatti nel corso delle proteste, è stata trovata morta nella propria abitazione a Santiago del Cile.

Le donne curde stanno portando avanti un processo rivoluzionario femminista, ecologista e democratico all’interno della lotta per la liberazione da ogni fondamentalismo e contro l’autoritarismo turco. Appena un mese fa Hevrin Khalaf, attivista per i diritti e l’emancipazione delle donne, è stata uccisa dai miliziani filo-turchi in Siria.

In Somalia, Almaas Elman, giovane attivista che lottava per la pace è stata assassinata con un proiettile alla testa, era incinta.

Non possiamo dimenticare Daphne Caruana Galizia, giornalista uccisa da un’autobomba il 16 ottobre 2017. Stava indagando su affari e centri di potere, aveva fatto tremare i palazzi della politica maltese. Aveva ricevuto minacce e chiesto aiuto allo Stato, invano.

La violenza ha varie forme. In questi giorni in Italia, Liliana Segre, donna di 89 anni, testimone attiva della memoria dell’Olocausto ha ricevuto attacchi antisemiti, razzisti e fascisti manifestatisi sui socialnetwork, ma anche con striscioni da parte di forze di estrema destra.

Questi sono solo i casi più noti, sono tante le donne che stanno mettendo in gioco la propria vita per cambiare il mondo e che malgrado questo terrore e questa violenza, continuano a lottare.

La giornata internazionale contro la violenza sulle donne è stata istituita nel 1999 dall’assemblea Generale delle Nazioni Unite, in ricordo dell’ assassinio delle tre sorelle Mirabal avvenuto durante il regime domenicano di Rafael Leonidas Trujillo nel 1960. Come abbiamo visto le lotte delle donne non si sono arrestate, ma molto c’è ancora da fare. Questo giorno può servire a riflettere sulla possibilità di trasformare una cultura che, malgrado i cambiamenti già in atto, è ancora patriarcale: fondata sul possesso, sulla prevaricazione, sulla violenza. Un sistema sociale in forte crisi, e che anche per questo, continua a mietere vittime.

Bisogna battersi per l’indipendenza economica che è la condizione fondamentale per affrancarsi e per essere libere di scegliere; lottare contro lo sfruttamento, i licenziamenti (la maternità può costare il posto di lavoro), la disparità salariale, e per difendere i centri antiviolenza e gli spazi femministi dai tagli economici che ne rendono difficile il lavoro. Bisogna portare avanti una rivoluzione culturale contro ogni forma di maschilismo, che è una piaga per tutta la società, non solo per le donne.

Questo impegno contro la violenza di genere lo portiamo avanti nel nome di donne come Felicia Bartolotta Impastato che, da oggetto di violenza (le è stato ucciso il figlio Peppino attivista contro la mafia) si è resa soggetto di liberazione e trasformazione culturale: aprendo le porte della propria casa ha reso collettiva la sua lotta per la giustizia e contro le logiche mafiose, dando un messaggio sociale di riscatto e di libertà.

Evelin Costa

Casa Memoria

foto da internet

{jcomments on}