La prima parte del racconto di Giovanni Impastato sulla sua esperienza negli slum di Nairobi (Kenya) con Afrikasì Onlus. La condivisione di un progetto, ma soprattutto una lezione di vita…
Avevo vissuto il Kenya tanti anni fa, da turista. Nel 1982, insieme a mia moglie, ho deciso di fare un viaggio attratto dal meraviglioso fascino dell’Africa: la natura, i paesaggi, gli animali. L’Africa ti contagia e ti travolge e non puoi fare a meno di tornarci.
A gennaio 2016, dopo tanto tempo e con il doppio dell’età ci sono tornato… questa volta non da turista. Insieme al gruppo di AfrikaSì Onlus, associazione con la quale abbiamo avviato una collaborazione sulle tematiche dei Diritti Negati e Legalità, ho vissuto un’esperienza umanitaria negli slum di Nairobi, esattamente nella baraccopoli del Deep Sea.
Da quindici anni AfrikaSì Onlus, fondata dal dottor Ennio Maria di Giulio, primario dell’ospedale San Camillo di Roma, è impegnata in un lavoro rivolto allo sviluppo sostenibile della comunità Deep Sea in campo sanitario e scolastico, nella difesa e tutela dei diritti umani in un contesto di negazione assoluta della dignità umana.
Ad oggi, AfrikaSì Onlus, ha sostenuto con l’intervento sanitario circa 10500 persone e con il percorso educativo (scuola materna, primaria, secondaria ed università) circa 7320 alunni e studenti.
Nello slum, dove le fogne sono a cielo aperto e si vive accanto ad una grande discarica, è stata costruita una Scuola – Centro Educativo.
Sono rimasto scioccato da tutto questo grande lavoro, impensabile prima della partenza.
Con questo viaggio ho toccato con mano le fatiche dei membri di AfrikaSì Onlus che si recano a Nairobi regolarmente da 15 anni e ho recepito il loro straordinario rapporto di relazione con la comunità, con i bambini ed i giovani.
Nonostante i miei passati sessant’anni e le tante esperienze vissute, posso dire di aver ricevuto una bella lezione di vita. Un vero bagno di umiltà che mi ha insegnato tanto, ma soprattutto mi ha reso consapevole delle condizioni in cui vivono i miseri e gli emarginati in questo universo.
Sono partito il 23 gennaio, con i miei compagni di viaggio, che hanno mostrato tanta attenzione nei miei confronti considerandomi, giustamente, poco esperto della situazione. Una situazione che da un momento all’altro sarebbe potuta esplodere, dopo il minacciato sgombero delle baraccopoli da parte della polizia locale per la costruzione di una strada che attraverserà lo slum e pagata anche con i fondi dell’Unione Europea.
La prepotenza di un capitalismo senza regole continua a creare ingiustizie e oppressione, riducendo la gente alla fame, alla miseria, aumentando sempre più il divario delle risorse. Mentre l’aereo volava verso sud, ci lasciavamo alle spalle il nostro mondo. Un mondo che può raggiungere picchi di assurdità, colmo di retorica e ipocrisia A tal proposito è doveroso ricordare la discutibile accoglienza, direi pessima, che ci ha riservato la struttura religiosa missionaria della Consolata di Nairobi, tradizionale campo base dell’organizzazione in loco di AfrikaSì Onlus, almeno fino ad oggi. Dopo il lungo viaggio, stanchi e carichi di bagagli destinati alla comunità del Deep Sea, ci saremmo aspettati almeno un minimo di buona educazione, pilastro della relazione tra le persone, da chi della fraternità e solidarietà ne fa una ragione e scelta di vita.
E’ stato un attimo e ci siamo ritrovati nella cruda realtà di fogne, cataste di rifiuti fumanti e persone disperate che cercano di sfamarsi. La realtà della scuola, fondata da AfrikaSì Onlus nel 2006, mi ha emozionato: bambini piccolissimi impegnati nello studio, insieme agli insegnanti, che vivono al ritmo della giornata con estrema serenità, con solidarietà l’uno nei confronti dell’altro, fino al punto di dividere tutto, dal cibo al riposo quotidiano. Una vita molto diversa da quella dei nostri bambini. Mi ha sorpreso il loro sguardo sereno, fiero e allo stesso tempo sorridente, il volto dell’Africa che, malgrado la fame e la miseria, non rinuncia ad andare avanti.
L’impatto con lo slum è sconvolgente, la baraccopoli è collocata al livello della fognatura a cielo aperto, le baracche di plastica, cartoni e lamiera bruciata misurano massimo tre metri per quattro e ospitano tanti bimbi e madri. Al degrado sociale si accompagna il degrado morale e la violenza: stupri, furti e crimini di ogni genere sono all’ordine del giorno. Il paradosso è che a pochi metri dallo slum imperano le grandi ville dei ricchi con enormi cancelli, protetti da recinti attaccati alla corrente elettrica per scongiurare i furti. Chiunque tenti di scavalcare rischia di rimanere fulminato, cosa già successa diverse volte.
A Nairobi si vive senza regole. La polizia corrotta è efficientissima solo nella richiesta continua di tangenti ed azioni di violenze gratuite. La città è molto pericolosa e anche molto esposta al terrorismo. Negli spostamenti eravamo scortati da persone della comunità Deep Sea molto vicine ad AfrikaSì Onlus e amici del dottor Ennio Maria di Giulio ed Alessandra Tiengo, presidente dell’associazione. Ennio ed Alessandra sono molto amati e stimati dalla comunità per il loro lavoro ed impegno che hanno portato avanti insieme ai membri dell’associazione.
Abbiamo vissuto con Virginia, una delle più importanti rappresentanti della baraccopoli, momenti di discussione e convivialità assaporando il cibo locale cucinato da lei stessa. Inoltre abbiamo potuto vivere il contatto con la cultura locale espressa attraverso la conoscenza di straordinari artigiani kenioti.
La sera prima del nostro ritorno in Italia abbiamo trascorso la serata nel “ristorantino” di Virginia con i giovani studenti sostenuti da AfrikaSì Onlus nati e residenti nella baraccopoli. Alcuni di loro hanno conseguito la laurea con voti di eccellenza ma soprattutto la possibilità di essere protagonisti di un cambiamento nella loro vita e in quella della società. Giovani attenti, curiosi, sensibili con i quali ho potuto condividere riflessioni e opinioni su tematiche esistenziali. Questo mi ha fatto capire che qualcosa si può fare, che non è impossibile realizzare obiettivi concreti. La linea giusta è allontanarsi dalla cultura e dalla logica dell’assistenzialismo, atteggiamento sicuramente colonialista capace solo di confermare dipendenza. E’ fondamentale esserci e camminare con loro.
Sono fiero di aver ricevuto questa lezione molto dura e istruttiva e di aver colto soprattutto molti aspetti importanti che mi hanno aiutato tantissimo a vedere le cose in maniera diversa e ad apprezzare il prossimo.
Oggi posso dire che qualcosa d’importante, che si lega alle idee di Peppino, l’abbiamo fatta. Memorabile la sua frase a proposito di diritto allo studio “… La cultura… patrimonio di massa in continua evoluzione è frutto del contributo quotidiano di tutti gli uomini in lotta per migliorare le proprie condizioni di vita”. Con AfrikaSì Onlus desideriamo continuare a condividere un percorso di diritti negati e legalità. (continua…)
Giovanni Impastato
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